Blowing in the wind - passeggiando una mattina di marzo

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  1. laBec.
     
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    Nathan Drake



    Rallento il passo e mi guardo intorno con aria stranita, osservando gli sconosciuti intorno a me come se fossero comparsi all'improvviso dal nulla.
    Di nuovo.
    Mi passo una mano tra i capelli e nascondo un sorriso con una smorfia non appena alzo il viso al cielo; i raggi del sole mi investono gli occhi come fari accecanti e l'arietta fresca e primaverile di marzo porta con sé un odore nauseante di fiori.
    Mi capita spesso di camminare senza una meta, di ritrovarmi in un posto senza sapere bene come ci sia arrivato, perso com'ero nei miei pensieri. Mia sorella sostiene che, quando mi parla, le sembra di avere a che fare con uno sotto l'effetto perenne di una canna. Sì, ok, ammetto di averne fumata qualcuna di tanto in tanto, ma non spesso come crede lei. E non questa mattina. Al momento ho solo sonno, la scorsa notte non ho chiuso occhio.
    Ad attirare la mia attenzione è il suono di una chitarra e il mio sguardo si sposta su delle piccole mani che accarezzano titubanti le corde dello strumento. Non troppo distante da me un ragazzino di massimo quindici anni è seduto a gambe incrociate vicino ad una panchina, la fronte aggrottata e lo sguardo serio e concentrato abbassato sulle sue dita esili. Accanto ai suoi piedi un cappellino logoro dei Mats funge da contenitore di assai ben poche monete.
    La gente gli passa accanto quasi senza vederlo e lui non sembra troppo turbato dalla cosa preso com'è dalla canzone che sta cercando di suonare.
    -Blowing in the wind?- Provo ad indovinare chinandomi di fronte a lui.
    Mi lancia un'occhiataccia, forse perché l'ho disturbato o forse perché non ho ancora contribuito a riempire il cappellino lercio. In ogni caso il mio sorriso non s'incrina di un millimetro.
    -Non stavi andando male- Continuo amichevole, incurante della sua ostilità e frugando in tasca in cerca di qualche moneta.


    La foto mi fa morire dal ridere, ma non sapevo che metterci. E come inizio fa schifino, ma non sapevo che scrivere. E ora ruola, intromettiti in qualche modo, su :D
     
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  2. pànn‚
     
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    Amelia Sherburne

    Le persone sono così fastidiose. Totalmente inutili, ecco: il mondo era pieno di esseri umani totalmente inutili, che continuavano a intromettersi nella sua vita e a impedirle di esistere in pace. Avrebbe voluto diminuire la popolazione mondiale di qualche milione di persone, magari anche di qualche miliardo, o almeno fare in modo che tutti si facessero i fatti propri.
    Quella mattina era già iniziata male, e probabilmente sarebbe continuata peggio. Era in ritardo, tanto per dirne una, perché come un'idiota aveva spento la sveglia e si era riaddormentata. Aveva dovuto saltare la sua corsa mattutina, tanto per dirne un'altra, sempre per colpa della stupida sveglia, e non aveva finito il progetto che avrebbe dovuto consegnare quel pomeriggio. E poi a quell'ora il parco che doveva attraversare per andare a lezione era così orribilmente pieno di persone.
    Accelerò il passo, la borsa che le sbatteva sul fianco e l'aria fresca di marzo che le si infilava sotto la sciarpa. Per esempio, cos'aveva fatto di male perché un tizio con la stessa espressione di un babbuino rincoglionito si fermasse in mezzo al suo sentiero, apparentemente perso nella contemplazione delle piante? Ah, no, anche peggio: stava ascoltando un bimbetto che strimpellava la chitarra, maltrattando Blowing in the wind. Superò il babbuino e l'assassino di musica, avendo cura di colpire il primo con lo spigolo puntuto della sua borsa - per una volta il fatto che fosse strapiena di album da disegno andava a suo vantaggio. Forse la prossima volta si sarebbe perso nell'estasi lontano dalla sua strada, se il destino avesse avuto pietà.
    Le persone sono inutili.
    Ehm. Ruolo come scrivo, cioè terza persona e passato. Mi spiace. E mi spiace anche per il tuo tizio, ahah.
     
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  3. laBec.
     
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    Il tuo personaggio è una stronza. Povero Tizio Idiota. E comunque puoi ruolare come più ti aggrada babba, io mi trovo più comoda in prima persona e al presente quando ruolo.


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    Nathan Drake



    Non ho modo di tirare fuori gli spiccioli per il musicista improvvisato perché qualcosa di appuntito mi colpisce all'improvviso da dietro. Direttamente in testa.
    Cazzo, che male!
    Disorientato mi guardo intorno, massaggiandomi la parte lesa con la mano ed ignorando il ragazzino che mi fissa impaziente di ricevere i suoi - i miei - soldi.
    Ma chi accidenti può essere così arrabbiato ed isterico di prima mattina?!
    In quel secondo in cui individuo l'artefice del mio dolore, mi alzo in piedi e socchiudo gli occhi per esaminarlo meglio. Una figura piccola si sta allontanando in tutta fretta da noi, la borsa quasi più grossa di lei e un taglio di capelli che sinceramente avrei sconsigliato persino al mio peggior nemico. Sembra sia una ragazza, ma potrebbe anche essere un ragazzino dell'età del musicista, sebbene la camminata sia decisamente troppo ancheggiante per essere maschile. Magari è semplicemente un ragazzo molto effeminato, ehi, io non giudico nessuno.
    Una cosa che non capirò mai di certe persone è quella perenne fretta che sembrano avere addosso, quell'isteria che le spinge a non rilassarsi mai, nemmeno un attimo. Dove dovrà mai correre quella nanerottola-barra-nanerottolo? Forse è talmente incazzato col suo parrucchiere per via del taglio orrendo di capelli da non badare a chi c'è sulla sua strada. Uhm, non me la sento di dargli torto, lo sarei anche io.
    Sposto pensieroso il peso da un piede all'altro e sento qualcosa scricchiolare sotto la mia scarpa. La sollevo e osservo il cerchietto argentato che risalta sul terriccio del sentiero: un braccialetto. Di sicuro non c'era prima, ne sono certo, lo avrei notato.
    Il musicista si schiarisce la voce, vagamente risentito per non aver ricevuto nulla ed esser stato messo da parte.
    Purtroppo, una cosa che riconosco di me stesso, mi distraggo molto spesso e perdo facilmente interesse nelle persone. Sono come un bambino che gioca un po' con un giocattolo e, non appena ne vede un altro, abbandona quello vecchio e si dedica all'altro.
    Il piccolo musicista è superato, la mia attenzione ora è rivolta allo Speedy Gonzalez in miniatura.
    Rivolgo un sorriso di scuse al ragazzino e raccolgo il bracciale, prima di correre verso la figuretta isterica che mi ha colpito.
    -Ehi tu...!- Mi umetto le labbra prima che la parola amico esca dalla mia bocca e sono contento di averlo fatto quando mi avvicino e noto che è una ragazza. Ops.
    -Ti è caduto questo- Dico sorridendo gentile e porgendole il bracciale. Tuttavia, nel momento in cui si gira, non ha l'espressione di gratitudine che mi aspettavo di vederle in viso.

    Edited by laBec. - 15/9/2014, 20:04
     
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    Amelia Sherburne
    Mentre camminava - correva forse era un termine più appropriato - non poteva fare a meno di notare l'assurda bellezza che stava attraversando. Le sembrava di camminare in un quadro impressionista, con la luce che filtrava tra i rami ancora spogli con una consistenza quasi solida e l'aria pulita che rendeva brillanti tutti i colori. Le prudevano le dita per la voglia di fermarsi a schizzare l'ombra pastosa di due querce intrecciate, le foglie verde chiaro che sbucavano qua e là. Ma no, era in ritardo, chi si ferma è perduto.
    Stava ricordando a se stessa che non era il caso di perdere una lezione per riempire un blocco intero di studi sui fiori gialli che spuntavano laggiù quando una voce giunse ad interrompere la sua suasoria mentale.
    Si voltò solo dopo qualche secondo, rendendosi conto in ritardo di essere l'unica possibile destinataria di quell'apostrofe, per trovarsi faccia a faccia - o meglio, faccia a petto - con... Il babbuino. Di nuovo.
    Lo fissò con un'espressione a metà tra l'irritato e il rassegnato, chiedendosi cosa diavolo volesse: non avrà avuto intenzione di fare l'elemosina anche a lei, vero?
    Forse i pollini che vagavano nell'aria mattutina avevano qualche influenza su di lei, dato che sembrava avere non pochi problemi di reattività: impiegò l'intero tempo della sua frase ad accorgersi che le stava tendendo un braccialetto argentato, il ciondolo a forma di cuore che brillava nella luce tersa.
    - Non è mio. - rispose, secca. Era già tanto se al mattino ricordava di prendere la giacca, figurarsi una cosa inutile come un braccialetto. Con un ciondolo a forma di cuore, per giunta.
    - E se stai sperando che ti chieda scusa per averti urtato hai sbagliato a capire. Eri in mezzo alla strada, non avrei potuto fare altrimenti. - aggiunse, senza sapere bene perché. C'era qualcosa nel viso di quel ragazzo - babbuino - che le suscitava un'irritazione profonda e, doveva ammetterlo, del tutto ingiustificata. Perché accidenti aveva quell'espressione imperturbabile? Le ricordava le statue greche arcaiche, quelle il cui tratto più evidente era il sorriso, immobile e del tutto avulso dal contesto. Non le erano mai piaciute le statue arcaiche, per la cronaca.
     
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  5. laBec.
     
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    Nathan Drake



    Quando mi ritrovo di fronte a lei mi rendo conto di quanto sia effettivamente bassa; per guardarmi in faccia deve alzare inevitabilmente di un bel po' la testa. La cosa, unita all'espressione irritata che ha in volto, la rende terribilmente divertente.
    Non capisco se è con me che è arrabbiata - in tal caso non ne vedo il motivo -, se ce l'ha col parrucchiere o più generalmente con il mondo intero, ma è evidente che la mia presenza la infastidisca. A meno che... oh. Oh. Dev'essere uno di quei giorni, Anna reagisce allo stesso modo.
    -Non è mio- Risponde e, chissà perché, ha proprio la voce che mi aspettavo che avesse; dolce e femminile, ma secca e decisa. E piacevole.
    Ha i capelli corti e un po' arruffati e un broncio che stona sul suo viso da bambina. Potrebbe benissimo essere uscita come elfo da "Il Signore degli Anelli", ci sarebbe stata alla perfezione.
    Continua, forse involontariamente, a tirarsi la spallina della borsa sopra la spalla, mentre un respiro più veloce degli altri, probabilmente dovuto alla fatica della corsa, le sfugge dalle labbra.
    Realizzo appieno poco dopo ciò che ha detto e la cosa mi lascia perplesso. Non è suo?
    Ma allora, se il bracciale non è del nano da giardino che ho davanti, di chi cavolo è?
    Lo esamino interessato, chiedendomi se sia d'argento o d'oro bianco e se potrei rifilarlo a mia sorella per il suo prossimo compleanno. Sembra proprio del suo genere. E poi anche se non le dovesse piacere chissene frega insomma, si accontenta.
    Riporto l'attenzione su di lei, giusto in tempo per sentire ciò che aggiunge in modo piuttosto petulante e sgarbato. Che diavolo, povera ragazza, dev'essere proprio un giorno terribile per lei, non vorrei mai dovermi ritrovare ad essere così incazzato da aggredire i passanti come un pitbull impazzito.
    Le sorrido di nuovo, come se facendolo potessi in qualche modo trasmetterle la pace interiore o qualcosa del genere. Con i bambini che piangono la cosa in genere funziona. Con lei mi sa di no.
    -Avresti potuto uccidermi, sai?- Non posso fare a meno di dirlo ridendo, la sola ipotesi è comica. -Non sto sperando nulla, in realtà. Non saprei che farmene delle tue scuse, soprattutto se non sono sincere- Aggiungo tranquillo, ritirando il braccio e giocando distrattamente con il pendaglio del bracciale. -E credo tu abbia bisogno di rilassarti un po', ti capita spesso di aggredire in questo modo gli estranei? Capisco che per voi ragazze sia meglio essere diffidenti, non dare confidenza al prossimo eccetera eccetera, ma non ti sembra di esagerare un po'?-
    Confesso di essere curioso di sentire la sua risposta, la attendo con un sopracciglio inarcato e un mezzo sorriso che sembra infastidirla ancora di più, per quanto possibile.
     
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  6. pànn‚
     
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    Amelia Sherburne
    Aveva per caso già detto che odiava le persone? No, perché le odiava davvero parecchio. Di solito non era così tanto misantropa e scorbutica, si limitava a stare nella sua parte di mondo e a sperare - esigere - che nessuno le desse fastidio, ma quella mattina era andato storto qualcosa di fondamentale nella sua collaudatissima routine, per cui si era trovata ad aggredire un tizio sconosciuto e - dettaglio non trascurabile - grosso almeno il triplo di lei. Oggettivamente sapeva che lui non aveva fatto niente di sbagliato (a parte fermarsi in mezzo alla strada, ovviamente), ma non riusciva a impedirsi di rispondergli. E di rispondergli male, per giunta.
    Forse avrebbe dovuto cercare uno psicologo, farsi delle flebo di camomilla, iscriversi a un corso di controllo della rabbia. O magari chiedere scusa al babbuino. Cioè, a... Ehm. Al ragazzo.
    Ragazzo che, dopo che con immenso sforzo era riuscita a passare oltre il sorriso da schiaffi, non era neanche da buttar via. Non il suo genere, un po' troppo patinato e così dannatamente serafico, ma immaginava che potesse colpire l'immaginazione di parecchie ragazzine. E c'era qualcosa nelle linee della sua bocca - ah, quanto avrebbe voluto tirargli un ceffone - che le ricordava qualcosa, un vecchio disegno, una foto fatta secoli prima. Di nuovo, forse era il caso di cercare uno psicologo.
    Ma la vera domanda, oltre tutta quella ridda di pensieri inutili e piuttosto pericolosi, era: perché accidenti non smetteva di sorridere?
    Anzi, peggio, il suo sorriso si era trasformato in una risata. La stava prendendo in giro? Credeva che non sarebbe stata in grado di farlo fuori, se avesse voluto? Aveva letto abbastanza di abbastanza omicidi da essere in grado di toglierlo dalla circolazione e farla franca senza impegnarsi troppo.
    Non saprei che farmene delle tue scuse, gnègnègnè. Stupido babbuino arrogante, evidentemente non sapeva cosa farsene neanche del suo cervello. Ammesso che l'avesse un cervello.
    E poi ecco, in modo piuttosto inquietante l'inutile kouros - perché sembrava un kouros, con quel sorrisetto e quella posa da modello mal riuscito - aveva riecheggiato quasi perfettamente i suoi pensieri di poco prima.
    - In effetti no, di solito gli estranei hanno il buon senso di lasciarmi in pace. E non provare a scambiarmi per una damigella bisognosa perché non sono una specie di armadio, sono perfettamente in grado di difendermi. - gli rispose. Aveva appena finito di parlare quando si rese conto che tutti i suoi propositi di calma e camomilla erano appena andati a quel paese.
    - Dev'essere qualcosa nella tua faccia che mi fa reagire così. - aggiunse, prima che lui potesse anche solo pensare ad una risposta.
    Oddio, non aveva precisamente migliorato la situazione dicendo una cosa del genere. Forse la cosa più sensata da fare sarebbe stata voltarsi ed andarsene - dignitosamente, eh, non scappando a gambe levate come una cretina. Non era mica cretina, lei.
    Il babbuino, però, continuava a fissarla con il suo sorriso zen. Non l'aveva sentita? Aveva i tempi di reazione di un procione di plastica?
    - Hai una paresi facciale? - disse, prima di rendersi conto di averlo effettivamente pronunciato ad alta voce. Era completamente scema. Era sempre andata fiera del suo filtro tra ciò che pensava e ciò che diceva, della sua capacità di occultare le sue idee reali, e ora si trovava a dire idiozie ad un perfetto sconosciuto. Era palesemente colpa di quel sorriso.
    A quanto pareva oltre alle persone odiava anche i sorrisi.

    non so quanto senso abbia, ho tanto sonno. e pian piano sto facendo il codice, ahah.
     
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  7. laBec.
     
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    Ahahahahah tu provi il codice io ci piazzo le gif invece. Sono un po' fissata con le gif, poi mi piace com'è lui in questa*-*


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    Nathan Drake



    Questa mattina mi sono dovuto alzare presto, dopo aver dormito appena due ore, per via dei lavori di ristrutturazione che mia sorella ha voluto fare nella sua stanza. Sono uscito senza un briciolo di caffeina in corpo, intontito ed assonnato, con l'intento di fare una passeggiata per svegliarmi e finendo con il trovarmi nel bel mezzo del parco senza un perché. Devo dire che questa ragazza sta facendo l'effetto del caffè che non ho bevuto, improvvisamente mi sento più vigile e reattivo, meno imbambolato e più propenso a dialogare. Solitamente solo la musica e il caffè riescono a scuotermi dal mio torpore mattutino.
    Capisco perché gli estranei hanno il buon senso di lasciarla in pace, esiste gente che alla propria vita ci tiene, ma proprio non posso impedirmi di ribattere prontamente -Tranquilla, non c'è pericolo. Anzi, a dire il vero ti avevo scambiata per un ragazzo prima- quando allude alla storia della "damigella bisognosa". Mi rendo conto che non sia stata proprio una cosa carina da dire ad una ragazza, così rimedio con un -Non che tu non sia femminile, eh- che forse peggiora la situazione. Ugh, meglio sorridere e basta. Beh, pazienza, mi sembra abbastanza forte e tosta da reggere il colpo. Sempre che di colpo si possa parlare, dopotutto mi sembra che porti fieramente il suo taglio di capelli terribile. Una che gira con quei capelli deve avere per forza fegato.
    Qualcosa nella mia faccia la fa reagire così? Interessante. Di solito suscito altre reazioni nelle ragazze, ma la rabbia mi mancava. Figo, ora ho aggiunto un pezzo alla mia collezione.
    -E cioè?- Chiedo divertito, continuando a sorridere.
    Sì, ho capito che la infastidisce e questo mi fa sorridere ancora di più. Sono sempre stato così di carattere, sono il tipo che sorriderebbe pure nelle situazioni più critiche. Da bambini io e mio cugino Kyle siamo rimasti chiusi per ore in un ascensore: lui è scoppiato a piangere quasi subito, io ho riso tutto il tempo delle sue lacrime. Andiamo... perché perdere tempo ad arrabbiarsi o lasciarsi prendere dall'ansia o dai pensieri tristi? Come se la vita certe volte non facesse già abbastanza schifo di suo.
    Il suo "Hai una paresi facciale?" mi spinge ad avvicinarmi un po' a lei, senza rilassare nemmeno di un millimetro le mie labbra tese in quella che lei definisce una "paresi".
    -Purtroppo sì- Dico in tono confidenziale, toccandomi gli angoli della bocca con un dito. -Brutto incidente quando ero piccolo- Il mio tono diventa fintamente drammatico e abbasso la testa quasi addolorato. -Ma non è carino da parte tua dirmelo in questo modo, non credi?- Le faccio un occhiolino e mi allontano ridendo. Sono quasi certo che stia per prendermi a schiaffi, ma non posso trattenermi dal prendere in giro le persone anche se spesso il mio sarcasmo è fuori luogo.
     
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  8. pànn‚
     
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    oddio, sembra ancora più idiota nella gif. non ho parole.
    comunque è bellissimo ruolare con qualcuno ancora più logorroico di me.

    Amelia Sherburne
    Non aveva mai creduto alle teorie sulla metempsicosi, il samsara, l'ipnosi regressiva e tutte le altre baggianate del genere. Forse era il caso che iniziasse a farlo, però, perché una qualche offesa mortale - un duello all'ultimo sangue, un terribile tradimento - in una vita passata le sembrava l'unica ipotesi plausibile per l'irritazione che le suscitava il tizio che le stava di fronte. Come minimo erano stati nemici mortali, non aveva alcuna difficoltà a raffigurarsi scene del genere - Ettore e Achille, York e Lancaster, Leonardo e Michelangelo.
    Non aveva mai creduto nemmeno al karma, dato che comportandosi da ragazza modello non aveva ricevuto alcuna ricompensa e facendo la stronza non le avevano mandato nessun fulmine a incenerirla. Non ancora, almeno.
    Ecco, forse il babbuino era la sua personalissima versione di fulmine inceneritore, la punizione per anni di appuntamenti disdetti e risposte acide.
    Punizione o meno, però, doveva ammettere che in un certo senso si stava divertendo. Pur non essendo una persona enormemente competitiva, di quelle tutte testosterone e agonismo, non poteva negare che gli scontri verbali l'avevano sempre affascinata, e la capacità di rispondere a tono non le era mai mancata. Forse non avrebbe potuto avere la meglio in un incontro di lotta libera - anche senza forse - ma l'arguzia e l'eloquenza erano sempre state dalla sua parte, oltre ad una certa freddezza e capacità di non farsi troppo coinvolgere, che a quanto pareva in quel momento erano andate a farsi benedire. Stupido, irritante kouros.
    Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. Concentrati, rilassati, non arrabbiarti, fai in modo di avere la meglio e vattene. Veni, vidi, vici.
    Ah, l'aveva scambiata per un ragazzo, benissimo. Anni di prediche di sua madre sulla sua tendenza ad aborrire gonne e vestitini e di reprimende sui vari tagli di capelli - erano così belli, stavi così bene con la treccia, adesso sembri un maschiaccio pronto per l'esercito - tornarono prepotentemente a farsi sentire. Era consapevole di avere una figura piuttosto androgina, e i capelli corti e il parka consumato non aiutavano proprio a capire. Meglio un ragazzo che una principessina bisognosa, comunque. In ogni caso, come le aveva gentilmente ricordato il tizio, sapeva essere anche femminile, mettendosi d'impegno. Non che l'avesse fatto in quel momento.
    - Oh, sì, sono molto femminile mentre mi arrabbio, lo so. - replicò, spostando una ciocca di capelli con la mano. - Se vuoi posso sbattere le ciglia e mettermi a spazzare per dimostrarti quanto sono brava. Comunque credo sia il tuo sorrisetto a irritarmi, e credo anche che tu lo sappia. - gli rispose. Non era stupida, aveva notato che ad un certo punto l'espressione di lui si era fatta più consapevole, come se quello che prima era un riflesso inconscio fosse diventato un atteggiamento voluto. Voluto per farla arrabbiare ancora di più, probabilmente.
    E, dato che non aveva la minima intenzione di dargliela vinta e dare sfogo all'impulso che le diceva di prenderlo e scuoterlo fino a quando avesse smesso di sorridere, si impose di controllare la voce e di rispondere con calma, persino con una certa dolcezza.
    - Lo stesso incidente che ha compromesso le tue facoltà cerebrali e distrutto le tue inibizioni? Oh, poverino. Ora capisco, sei scappato dall'ospedale e non sai più come tornarci. -
    Si limitò a sussurrare, dato che il tizio le si era avvicinato ancora, incombendo su di lei e costringendola a tendere il collo come una specie di giraffa che non riesce a raggiungere le foglie con cui nutrirsi. In realtà nel suo progetto la frase sarebbe dovuta venir fuori con un tono di dolcezza velenosa, l'acidità e l'ironia palesi dietro la gentilezza, ma non aveva potuto trattenere un'insolente punta di divertimento, che era scappata fuori dalle sue labbra e aveva colorato la frase di uno strano tono confidenziale, come una battuta condivisa con un amico.
    Forse, oltre a tutto il resto, avrebbe dovuto rivedere anche le sue convinzioni sull'esistenza della magia: che il tizio fosse uno stregone in grado di manipolare la sua personalità?
    Bah, come diceva uno dei suoi miti, una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità. In fondo, avere uno stregone tra le sue conoscenze le sarebbe anche potuto tornare utile.
     
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  9. laBec.
     
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    Tzé, non capisci nulla u.u


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    Nathan Drake



    Il nano da giardino sa il fatto suo, questo devo concederglielo, risponde senza farsi problemi, senza pensare troppo a come potrebbe reagire la persona che ha davanti e senza filtri. Un po' come me.
    Certo sa capire ed usare il sarcasmo, a differenza di tante altre ragazze che probabilmente mi avrebbero chiesto preoccupate informazioni sul mio inventato incidente.
    Ho trovato una persona intelligente con cui dialogare. Un po' isterica, forse, ma questo non è un problema. L'irritazione degli altri non è che uno svago per me.
    Non pare essersela presa per il fatto che l'avessi scambiata per un ragazzo, anzi, ci scherza su e si sposta una ciocca di capelli, cambiando improvvisamente il tono di voce e rendendolo più... dolce. Naturalmente sta fingendo, è brava quasi quanto me a farlo.
    In tutta onestà non le serve sbattere le ciglia per sembrare più femminile, i lineamenti del suo viso sono delicati, la carnagione chiara e i gli occhi sufficientemente grandi da farla sembrare un cucciolo di cerbiatto. Peccato per quei quattro peli spelacchiati in testa.
    Mi tocco istintivamente i capelli, pensando che, se me li dovessero tagliare in quel modo, non uscirei di casa per le prossime settimane. -Il mio sorriso?- Chiedo fintamente ingenuo, accentuandolo il più possibile. -Ti dà fastidio il mio sorriso? Non riesco proprio a capire il perché.-
    Non è la prima persona a cui succede, ho avuto problemi di questo genere anche alle scuole medie e superiori. I miei insegnanti, quando avevano qualcosa da rimproverarmi, ricevevano sempre un'aria calma o un sorriso che li mandava in escandescenza come risposta.
    Mi massaggio la testa e la inclino aggrottando di poco la fronte. -No, quella è una cosa recente in realtà.- Mi avvicino di nuovo quando mi accorgo che anche lei ha assunto un atteggiamento meno aggressivo e più amichevole. E' divertente vederla alzare ogni volta di più il mento per cercare di fronteggiarmi nonostante la sua scarsa altezza.
    -Mi sa che sei stata tu con la tua borsa a provocarmi un trauma cranico.- Rido e la indico con il mento. -A proposito, che ci hai messo dentro, un cadavere?-
     
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  10. pànn‚
     
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    perdona l'immenso ritardo (oddio, sembro te): prima l'esame, e poi non ero minimamente ispirata.

    Amelia Sherburne
    C'era qualcosa di evidentemente assurdo in quella conversazione, anzi, in tutta la serie di avvenimenti che avevano portato a quella conversazione. Che avesse sbagliato a leggere la data sul calendario e fosse il primo aprile? Perché oltre a tutte le altre idiozie su karma e fatalità era l'unica altra cosa che le venisse in mente. Un qualche scherzo complicato architettato da Holly per costringerla a interagire con il mondo, o da qualcuno che si stava divertendo a vederla arrancare nel pantano dei rapporti interpersonali.
    Era così faticoso e così inutile mantenere un'apparenza di cortesia con qualsiasi sconosciuto che la incrociasse che non poteva fare a meno di esplodere ogni tanto. Ogni tanto spesso.
    C'era da dire anche che questo particolare sconosciuto non sembrava essersi offeso a morte per il suo essere scorbutica, anzi, sembrava trovarlo piuttosto divertente. E se da una parte questo la irritava - non aveva la minima intenzione di diventare una di quelle che vengono inseguite solo perché difficili da conquistare - la divertiva anche. Incredibile, al mondo esistevano ancora persone dotate di un senso dell'umorismo non completamente identico a quello di tutti gli altri.
    Il modo in cui il babbuino - in quei pochi minuti di conversazione aveva già cominciato a chiamarlo così tra sé e sé, e sospettava che sarebbe stato un soprannome con una lunga vita - si passava in continuazione una mano tra i capelli, però, la irritava quasi quanto il suo sorrisetto da schiaffi. Quasi, eh. E la faceva sentire molto Lily Evans davanti a James. In effetti per certi versi il babbuino le ricordava James: sorriso arrogante, sicuro di sé e di avere il mondo ai suoi piedi, convinto della sua simpatia. Non che lei potesse essere Lily, in nessun modo possibile. Piton le si adattava molto meglio, soprattutto in quel caso.
    Quando il babbuino parlando riuscì in qualche modo a rendere ancora più ampio - e irritante - il suddetto sorriso si rese finalmente conto che lo stava facendo apposta. Stupido babbuino. Si impose, una volta di più, di non lasciarsi toccare in nessun modo dal suo atteggiamento. Non dargli soddisfazione, non dargli soddisfazione. Sei una roccia, sei inamovibile.
    - Forse la mia rabbia è un modo per mascherare la paura che provo, dato che penso che tu sia uno psicopatico scappato da qualche centro di cura, e io sono una povera ragazza indifesa. - si decise a replicare, dopo aver fatto l'ennesimo respiro profondo. Si sentiva una specie di mantice, o di treno a vapore.
    Un'altra domanda fondamentale era: perché diavolo continuava ad avvicinarsi? Il suo collo non aveva un'estensione infinita e ad inclinarlo ancora un po' avrebbe iniziato a fare crack in modo decisamente poco rassicurante. Fece un passo indietro, tornando ad alzare gli occhi per incontrare quelli di lui. Non era certo una sciocchina che si sentiva tremare le ginocchia a fissare un ragazzo dritto negli occhi.
    Senza smettere di guardarlo tornò a spostare leggermente il peso della borsa sulla spalla, diventando improvvisamente consapevole del gesto mentre l'attenzione di lui si spostava sullo stesso punto.
    Trattenne un sospiro esasperato (il centesimo, probabilmente) alle sue insinuazioni senza alcun senso logico. Se proprio doveva fare il simpatico che almeno dicesse cose credibili.
    - Punto primo, non avevo intenzione di colpirti in testa, miravo ad altre parti che solitamente si trovano a quell'altezza. O forse vorresti sottintendere che la tua testa alloggia abitualmente dove dovrebbero esserci altri organi? Punto secondo, anche un bambino si renderebbe conto che non riuscirei mai a sollevare un cadavere, figuriamoci portarmelo in borsa. Ci sono solo libri. - ribattè, acida. Mentre parlava si accorse di un angolo del blocco da disegno che spuntava irriverente da un lato e lo ricacciò in fondo, svelta, prima che potesse attirare qualche inutile commento. Sospettava che il babbuino sarebbe stato precisamente il tipo da farne, e proprio non aveva voglia di sentirsi dire che i suoi disegni erano tristi e deprimenti e assurdi. Era già stata una giornata abbastanza difficile.


    Edited by _Lachesis - 22/9/2014, 14:24
     
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  11. laBec.
     
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    Nathan Drake



    Sono sempre stato affascinato dalle persone, dal loro modo di comportarsi in determinate occasioni, dal loro modo di pensare, dalle loro diversità. Miliardi di persone al mondo e nessuna esattamente identica all'altra. Mi piace osservarle e studiarle come se fossero degli animali in uno zoo, sono interessanti. E il più delle volte stancanti dopo un po'.
    Eppure questa ragazza sembra essere una continua fonte di sorprese e divertimento.
    Ascolto attentamente le sue parole, riflettendoci su con un'aria seria che non mi appartiene e che probabilmente stona sul mio viso.
    -Vediamo... giri con quattro peli in testa, mi hai colpito con la tua borsa, mi hai risposto sempre sulla difensiva come un gatto che rizza il pelo e soffia, chiesto se ho una paresi facciale e dato in poche parole del deficiente...- Elenco alzando le dita una ad una. -Fino a prova contraria la psicopatica sei tu ed io il povero ragazzo indifeso- Concludo mostrando la mia migliore espressione innocente. -E poi sbaglio o prima hai detto di non essere una damigella bisognosa e di essere perfettamente in grado di difenderti? Sei un po' incoerente.-
    E' sorprendente quanto sia semplice irritarla, probabilmente persino il fatto che io respiri la rende indisposta nei miei confronti. Chissà come reagirebbe se le soffiassi via il ciuffetto di capelli fuori posto che ha sulla fronte. Sono tentato di provare, ma alla mia vita ci tengo, quindi decido saggiamente di resistere all'impulso.
    -Punto primo- Ribatto svelto e sorridendo, per la sua gioia, -Ti assicuro che ogni cosa nel mio corpo è perfettamente funzionante e al suo posto- Affermo maliziosamente. Forse ho calcato un po' troppo su quel "ogni cosa", ma è stato più forte di me. -E mi dispiace dirti che hai davvero una pessima mira.- La mira di una ragazza, non posso aspettarmi poi molto. Non che sia maschilista o ce l'abbia con le ragazze, sono solo obiettivo.
    -Punto secondo; saresti perfettamente in grado di portare in giro un cadavere in quella borsa. Un corpo si può anche fare a pezzi sai?- Alzo il dito indice a mo' di professore, ridendo quando noto la sua espressione. -E comunque stavo solo scherzando.- Noto il contenuto della sua borsa e sgrano gli occhi piacevolmente sorpreso. Un album da disegno?
    -Oh, adesso ho capito perché sei così! Sei un'artista! Tutti gli artisti sono un po' complessati ed incompresi.- Mi sporgo verso di lei per sbirciare meglio quei fogli. -Che genere di soggetti ti piace ritrarre?- Chiedo curioso, aspettandomi un'altra rispostaccia. La conosco da pochi minuti e ho già imparato a conoscerla e a prevedere le sue reazioni.
     
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