Blowing in the wind - passeggiando una mattina di marzo

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  1. _Lachesis
     
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    Amelia Sherburne
    Aveva per caso già detto che odiava le persone? No, perché le odiava davvero parecchio. Di solito non era così tanto misantropa e scorbutica, si limitava a stare nella sua parte di mondo e a sperare - esigere - che nessuno le desse fastidio, ma quella mattina era andato storto qualcosa di fondamentale nella sua collaudatissima routine, per cui si era trovata ad aggredire un tizio sconosciuto e - dettaglio non trascurabile - grosso almeno il triplo di lei. Oggettivamente sapeva che lui non aveva fatto niente di sbagliato (a parte fermarsi in mezzo alla strada, ovviamente), ma non riusciva a impedirsi di rispondergli. E di rispondergli male, per giunta.
    Forse avrebbe dovuto cercare uno psicologo, farsi delle flebo di camomilla, iscriversi a un corso di controllo della rabbia. O magari chiedere scusa al babbuino. Cioè, a... Ehm. Al ragazzo.
    Ragazzo che, dopo che con immenso sforzo era riuscita a passare oltre il sorriso da schiaffi, non era neanche da buttar via. Non il suo genere, un po' troppo patinato e così dannatamente serafico, ma immaginava che potesse colpire l'immaginazione di parecchie ragazzine. E c'era qualcosa nelle linee della sua bocca - ah, quanto avrebbe voluto tirargli un ceffone - che le ricordava qualcosa, un vecchio disegno, una foto fatta secoli prima. Di nuovo, forse era il caso di cercare uno psicologo.
    Ma la vera domanda, oltre tutta quella ridda di pensieri inutili e piuttosto pericolosi, era: perché accidenti non smetteva di sorridere?
    Anzi, peggio, il suo sorriso si era trasformato in una risata. La stava prendendo in giro? Credeva che non sarebbe stata in grado di farlo fuori, se avesse voluto? Aveva letto abbastanza di abbastanza omicidi da essere in grado di toglierlo dalla circolazione e farla franca senza impegnarsi troppo.
    Non saprei che farmene delle tue scuse, gnègnègnè. Stupido babbuino arrogante, evidentemente non sapeva cosa farsene neanche del suo cervello. Ammesso che l'avesse un cervello.
    E poi ecco, in modo piuttosto inquietante l'inutile kouros - perché sembrava un kouros, con quel sorrisetto e quella posa da modello mal riuscito - aveva riecheggiato quasi perfettamente i suoi pensieri di poco prima.
    - In effetti no, di solito gli estranei hanno il buon senso di lasciarmi in pace. E non provare a scambiarmi per una damigella bisognosa perché non sono una specie di armadio, sono perfettamente in grado di difendermi. - gli rispose. Aveva appena finito di parlare quando si rese conto che tutti i suoi propositi di calma e camomilla erano appena andati a quel paese.
    - Dev'essere qualcosa nella tua faccia che mi fa reagire così. - aggiunse, prima che lui potesse anche solo pensare ad una risposta.
    Oddio, non aveva precisamente migliorato la situazione dicendo una cosa del genere. Forse la cosa più sensata da fare sarebbe stata voltarsi ed andarsene - dignitosamente, eh, non scappando a gambe levate come una cretina. Non era mica cretina, lei.
    Il babbuino, però, continuava a fissarla con il suo sorriso zen. Non l'aveva sentita? Aveva i tempi di reazione di un procione di plastica?
    - Hai una paresi facciale? - disse, prima di rendersi conto di averlo effettivamente pronunciato ad alta voce. Era completamente scema. Era sempre andata fiera del suo filtro tra ciò che pensava e ciò che diceva, della sua capacità di occultare le sue idee reali, e ora si trovava a dire idiozie ad un perfetto sconosciuto. Era palesemente colpa di quel sorriso.
    A quanto pareva oltre alle persone odiava anche i sorrisi.

    non so quanto senso abbia, ho tanto sonno. e pian piano sto facendo il codice, ahah.
     
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10 replies since 15/9/2014, 14:51   179 views
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